Frutticole
L'Italia presenta una storia di successo nella produzione di frutta, sfruttando le condizioni climatiche e agronomiche favorevoli e una posizione geografica ravvicinata ai principali mercati. Nel 2018, il Paese ha prodotto circa 10 milioni di tonnellate di frutta.
Nell'Unione europea (UE), oltre 2,8 milioni di ettari sono stati destinati alla produzione di frutta. La mela è il frutto più prodotto nell'UE in termini di quantità, con 12,5 milioni di tonnellate raccolte nel 2016 (quasi 25 kg per abitante dell'UE). L'Italia è il primo Paese dell'UE per la produzione di pesche, seguita da Spagna e Grecia. La Polonia è in testa alla produzione di mele nell'UE, ma l'Italia la segue, al secondo posto. L'Italia è anche sul podio della produzione di ciliegie nell'UE, occupando il terzo posto dopo Polonia e Spagna. Gli agrumi, in particolare le arance, prosperano nel clima mediterraneo dell'Italia. L'Italia è nella top 10 mondiale della produzione di arance e il secondo produttore di agrumi nell'UE, dopo la Spagna. Nel 2018, la produzione di arance è stata di 1,622 milioni di tonnellate e la Sicilia è stata di gran lunga la regione che ha prodotto più arance, un modello che continua a ripetersi.
L'Italia è la terza economia dell’Euro Zone e il settore agricolo vi contribuisce, essendo un settore economico chiave e rappresentando circa il 2% del PIL del Paese nel 2020. Un terzo della produzione di frutta viene esportato ogni anno e il mercato più importante è la Germania, seguita da Francia, Polonia e Svizzera. Circa il 15% viene inviato in Paesi extra-UE. Nel 2021, le vendite globali di frutta e verdura fresca italiana sono aumentate dell’8%, per un valore massimo storico di circa 5,7 miliardi di euro. Ciò conferma il ruolo vitale e strategico del settore, nonostante i problemi causati dai cambiamenti climatici. Anche se gran parte del territorio montuoso non è adatto all'agricoltura, nel 2019, circa il 4% della popolazione totale attiva (60,3 milioni) era impiegata in agricoltura e di questi, quasi il 30% sono migranti e rifugiati. Per l'anno in corso ci sono buone aspettative per quanto riguarda l'agricoltura, poiché si prevede che questo settore contribuirà al PIL del Paese in misura maggiore rispetto all'anno precedente.
Parassiti e malattie
Infestanti
La gestione del tappeto erboso in frutticultura è una pratica imprescindibile per garantire la salute e la produttività del frutteto stesso. Sono diverse le pratiche colturali che si stanno affermando in frutticoltura, in grado di rispondere alle esigenze di ottimizzazione dei costi e delle rese. Ogni pratica viene adottata in funzione del contesto pedo-climatico in cui si opera e tendenzialmente prevede spesso l’integrazione di diverse tecniche per raggiungere il risultato desiderato, come per esempio le lavorazioni meccaniche, il diserbo e l’inerbimento.
Per il controllo delle infestanti occorre orientare gli interventi conoscendo apriori la composizione floristica zonale ed una attenta valutazione della flora infestante effettivamente presente. La pratica del diserbo deve essere comunque inserita all’interno di una strategia di gestione di tipo integrato.
I nuovi orientamenti, infatti, prevedono generalmente degli interventi di diserbo localizzati sulla fila, combinata ad una gestione meccanica delle infestanti negli spazi degli interfilari oppure l’inerbimento.
Il diserbo sulla fila è una soluzione adottabile nella maggior parte dei frutteti risultando più pratica ed efficace. La flora infestante sebbene possa essere in qualche modo tollerata sulle file nel periodo autunno-vernino, può risultare dannosa tra la primavera e l’estate, creando intralcio alle operazioni colturali. Gli erbicidi oggi in commercio sono in grado di soddisfare le esigenze dei frutticoltori, a patto che vengano sempre utilizzati in modo corretto secondo le indicazioni riportate nell’etichetta ministeriale. L’efficacia nel tempo di un erbicida può essere compromessa da un non corretto uso, per tanto è sempre opportuno adottare delle strategie per mitigare il rischio di insorgenza delle resistenze:
- Valutare la flora infestante effettivamente presente
- Alternare le sostanze attive
- Usare miscele contenenti agrofarmaci con diverso meccanismo di azione
- Adottare prodotti in strategie preventive
- Seguire le indicazioni riportate in etichetta
- Integrare diverse pratiche agronomiche
- Eseguire correttamente i trattamenti
Ticchiolatura del melo
La ticchiolatura del melo rappresenta una delle principali avversità del melo, che compie il suo ciclo alternando una forma sessuata (Venturia inaequalis) ed una asessuata (Spilocea pomi= Fusicladium dendriticum ). La prima si differenzia all'interno dei tessuti dell'ospite quando le condizioni ambientali diventano sfavorevoli e consente al patogeno di sopravvivere durante i mesi invernali. La fase asessuata compare in primavera e ad essa è legata la diffusione nell'ambiente del fungo.
I sintomi possono manifestarsi su tutti gli organi della pianta: foglie, frutti, fiori e rametti. Sulle foglie le prime infezioni sono visibili sulla pagina superiore in forma di macchie decolorare. Con il passare del tempo le lesioni diventano scure dai contorni definiti ed interessano anche la pagina inferiore. Generalmente le foglie infette sono destinate a cadere, lasciando spoglio l’albero.
Sui frutti, i sintomi possono comparire in qualunque stadio di sviluppo, inizialmente sotto forma di macchie puntiformi brune che tendono ad accrescersi mantenendo una forma tondeggiante dall’aspetto vellutato in superficie. Attacchi precoci provocano malformazioni, atrofia dei tessuti colpiti e vistose deturpazioni dell'epidermide con macchie dall'aspetto rugginoso e spaccature superficiali. In questi casi si ha generalmente una cascola precoce, mentre infezioni tardive possono essere anche difficilmente rilevabili al momento della raccolta, salvo poi manifestarsi durante la conservazione con lesioni che deprezzano sensibilmente il prodotto.
L'attacco sui fiori e sui rametti è in genere meno frequente: si manifesta sotto forma di lesioni brunastre a carico di petali, calice, peduncolo fiorale e, nel caso dei rami, dei tessuti ancora allo stato erbaceo.
La malattia generalmente è favorita dalla localizzazione del meleto in zone umide, eccessiva vigoria e presenza di impianti fitti.
La difesa generalmente è basata sul controllo delle infezioni primarie, causate generalmente alle spore prodotte del fungo, presente sulle foglie colpite nell’anno precedente, che tendono a liberarsi in concomitanza di piogge o forti bagnature. L’attento monitoraggio delle condizioni metereologiche risulta un’ottima strategia di difesa preventiva. Altro aspetto fondamentale da considerare è la crescita vegetativa, in quanto le foglie giovani, appena distesa, sono più sensibili all’attacco del fungo.
Generalmente in caso di difesa basata su agrofarmaci, è orientata per l’applicazione di prodotti preventivi o di copertura, in previsione di piogge tenendo conto dello sviluppo vegetativo e quindi assicurando una adeguata copertura della vegetazione nuova o quando si ritiene che il prodotto sia stato dilavato. Bisogna sempre tener presente che i prodotti adottati devono essere impiegati in un’ottica di strategia anti-resistenza e del contenuto di residui, tenuto conto della destinazione del prodotto finale in base alle richieste del mercato.
I trattamenti prendono avvio alla ripresa vegetativa del melo nella fase fenologica di "punte verdi" e, se nel frutteto non vengono rilevati sintomi della malattia, si interrompono dopo la fase di "frutto noce", quando i frutti non sono più suscettibili alle infezioni primarie.
Le strategie di difesa guidata individuano nella fase iniziale di infezione ascosporica la chiave per una razionalizzazione degli interventi chimici. Oggi sono disponibili modelli previsionali in grado di simulare la maturazione degli pseudoteci e la dinamica di emissione delle ascospore e di stimare il livello di rischio nel periodo di infezione primaria.
Oggi in commercio, sono disponibili le sostanze di base, prodotti di origine naturale nate in un ottica di economia circolare, che rispondono ai nuovi requisiti della grande distribuzione in un ottica di prodotto a basso tenore di residui. Questi prodotti, già autorizzati a livello europeo per uso alimentare, sono stati registrati anche in virtù della loro attività fitoiatrica che si sposa in un ottica di strategia di difesa integrata o biologica (estratto ortica).
Psylla
La Cacopsylla pyri è un fitofago appartenente all’Ordine dei Rincoti. Vive esclusivamente sul pero e i suoi stadi giovanili si sviluppano a spese di foglie, germogli, fiori e frutticini appena allegati e già sviluppati. Oltre ad essere vettore della fitoplasmosi “Pear Decline” (Deperimento del pero), può arrecare danni indiretti alla frutta a causa della produzione di melata. Infatti la melata provoca ustioni fogliari, imbratta la vegetazione e i frutti consentendo lo sviluppo della fumaggine che oltre ostacolare il regolare svolgimento dell’attività fisiologica della pianta deturpa la produzione causandone un forte scadimento commerciale e può ostacolare l’azione di insetticidi.
Gli adulti presentano le ali, per lo più trasparenti, a tetto sul corpo di colore marrone scuro o marrone rossiccio. Una macchia scura sul bordo centrale superiore di entrambe le ali aiuta a distinguere la psilla del pero da altre specie di psillidi. Le piccole uova allungate e giallastre sono appena visibili a occhio nudo. Le ninfe sono appiattite. I primi due stadi sono traslucidi o gialli, con occhi rossi e antenne nere. Il terzo stadio è verde-giallastro e il quarto è marrone-verdastro. Il quinto stadio è nero o scuro con cuscinetti alari prominenti. La pelle delle ninfe è generalmente brunastra o verde. Il primo passo per controllare questo parassita è quello di riuscire a identificarlo.
L’attività trofica della Psilla provoca ad un arresto nello sviluppo e deformazione degli organi colpiti. Forti infestazioni possono causare la caduta prematura di foglie, fiori e frutti, compromettendo il raccolto sia in termini quantitativi che qualitativi.
La difesa contro la psilla punta al controllo della seconda generazione, che è quella più temuta, mentre le successive sono meno aggressive, anche se non si possono escludere pullulazioni tardive. Generalmente la Psilla viene. In generale il controllo naturale in campo è assicurato da una serie di insetti utili in grado di mantenere il livello della popolazione al di sotto delle soglie di intervento. Anthocoris nemoralis, è un insetto appartenente all’Ordine dei Rincoti, è rappresenta il principale predatore della psilla del pero, oltre che di acari, tripidi, uova e giovani larve di lepidotteri e cicaline. Se in frutteto è presente una popolazione naturale di antocoridi, sufficientemente consistente, è opportuno adottare strategie di difesa finalizzate ad ottenere e mantenere nel tempo un equilibrio dinamico favorevole tra predatori e parassiti, equilibrio però condizionato anche dalla complessità biologica dell’ambiente circostante, dalla disponibilità di habitat secondari e di risorse alimentari, dall’andamento climatico, ecc.
Carpocapsa
La Cydia pomonella, nota come carpocapsa, è un insetto diffuso in gran parte del mondo, e si sviluppa a spese delle piante da frutto, in particolare su melo e pero che rappresentano gli ospiti principali. Può comunque attaccare anche altre specie quali cotogno, sorbo, nespolo, noce, kaki e più raramente albicocco, susino e pesco.
L'insetto presenta due o tre generazioni all'anno, a seconda delle condizioni climatiche della regione. Le larve di C. pomonella entrano attraverso un qualsiasi punto dell’epicarpo e poco dopo la penetrazione, in corrispondenza del foro si forma un grumo di rosura ed escrementi che consente la rapida individuazione dell’attacco.
Se non controllati tempestivamente, i danni causati dal fitofago possono provocare gravi lesioni ai frutti, che una volta danneggiati, finiscono per cadere al suolo, causando perdite che possono oscillare dal 30 all’80% della produzione.
Il ricorso al controllo chimico, oggi è subordinato al monitoraggio della popolazione con feromoni sessuali al fine di determinare il superamento della soglia di intervento, o qualora fosse disponibile le indicazioni dei bollettini provinciali redatti sulla base di elaborazioni di modelli previsionali dedicati.
Coryneum
Il Coryneum è un genere di funghi, uno dei più comuni è la peronospora del Coryneum, causata dal fungo Wilsonomyces carpophilus. Questo particolare fungo è più comune su albicocche, pesche e nettarine. Le infezioni avvengono in concomitanza di prolungati periodi di bagnatura o alta umidità relativa.
Il fungo è in grado di colpire foglie, rami e frutti. Le infezioni fogliari si presentano rosso-violacee che, con il tempo si allargano. Successivamente la parte del lembo colpita tende a distaccarsi lasciando la foglia perforata. Le infezioni più gravi producono numerosi fori e danno alle foglie colpite un aspetto molto lacerato.Anche le infezioni dei germogli appaiono come macchie arrossate. Sui frutti, l’infezione di corineo si manifesta con piccole macchie rosso-violacee che con il tempo progrediscono ricoprendosi di incrostazioni gommose. I frutticini in accrescimento assumono pertanto un aspetto butterato, mentre sui frutti maturi l’infezione si presenta solamente con macchie rossastre circondate da un alone più scuro. In entrambi i casi l’infezione rende i frutti non commercializzabili.
La perpetuazione della malattia nei diversi anni avviene solitamente ad opera del micelio presente in corrispondenza delle lesioni sui rametti dell’anno o tra le perule delle gemme. La presenza di acqua è determinante per la germinazione delle spore, sia per la penetrazione nei tessuti vegetali.
Per tenere sotto controllo questa malattia, è senza dubbio necessario adottare delle buone pratiche agricole: asportare con le operazioni di potatura sul secco e sul verde, rametti infetti o disseccati e razionalizzare le concimazioni azotate. Gli interventi con fungicidi a base di rame o, altri prodotti autorizzati, vanno effettuati alla caduta delle foglie e all’ingrossamento delle gemme. Per un uso corretto dei prodotti è importante seguire le indicazioni dei Disciplinari di Difesa Integrata della propria regione, le indicazioni dei bollettini fitosanitari e le indicazioni di tecnici specializzati.
Oidio
L’oidio è una malattia fungina che attacca generalmente tutti gli organi della pianta. La vegetazione colpita appare ricoperta da una polvere biancastra, che in seguito possono espandersi fino a coprire ampie aree.
Sui frutti i sintomi sono caratterizzati inizialmente da aree biancastre, tondeggianti e leggermente in rilievo rispetto al tessuto circostante sano, che tendono con il tempo a necrotizzare. Con infezioni molto gravi il frutto tende inoltre a spaccarsi in quanto i tessuti suberificati non seguono il processo di crescita dei tessutisani. Normalmente i frutti colpiti tendono a cadere prematuramente oppure, al contrario, rimangono attaccati alla pianta ma deformati dall'azione patogenetica del fungo. In ogni caso tale deformazione rende i frutti sostanzialmente non commerciabili.
Sulle foglie l'infezione oidica si manifesta inizialmente con la comparsa di aree decolorate, irregolari, in corrispondenza delle quali è facile osservare la caratteristica muffetta bianca polverulenta che in poco tempo andrà ad estendersi su buona pare della lamina fogliare. Le foglie infette, specialmente quelle giovani non riescono a giungere a maturità.
La difesa dell’oidio si base principalmente sull’adozione di buone pratiche agricole: adottare varietà meno suscettibili al mal bianco; limitare la concimazione azotata; potature adeguate per mantenere arieggiata la chioma; inerbimento del suolo e sfalci; diradamento per asportare i frutticini colpiti; razionalizzare l’irrigazione.
nelle fasi di fine fioritura, scamicia tura e ingrossamento dei frutticini, tre finestre temporali nelle quali la pianta risulta particolarmente recettiva. Al contrario, in aree con cultivar meno suscettibili e dove la malattia compare saltuariamente e in forma meno aggressiva, ci si può limitare a intervenire in modalità curativa subito dopo la comparsa dei primi sintomi.
Per non incorrere nell'insorgenza di ceppi del fungo resistenti ai fungicidi maggiormente utilizzati è buona norma rispettare i dosaggi indicati in etichetta, alternare i principi attivi con altri a diverso meccanismo d'azione e limitare il numero di applicazioni con una stessa famiglia chimica di fungicidi effettuate nella stessa stagione vegetativa.
E’ sempre opportuno adottare strategie di tipo preventivo e cercare di intervenire in condizioni favorevoli allo sviluppo della malattia.
In presenza di cultivar sensibili è consigliabile eseguire alcuni trattamenti fungicidi preventivi.
Afidi
Le specie frutticole sono sempre interessate dagli attacchi di diverse specie di afidi. La loro presenza in campo determina generalmente a foglie, fiori e frutti arricciati e distorti. Il tutto spesso accompagnato da una copiosa produzione di melata, che può essere causa della comparsa di formiche, che vivono a spese di questa sostanza zuccherina e muffe. Oltre a causare danni diretti, gli afidi possono essere vettori di virus.
Il controllo di questi insetti dannosi, che rappresentano un fattore limitante della produttività agricola, e richiede l’adozione delle buone pratiche agronomiche, come ad esempio limitando le concimazioni azotate che possono provocare un eccessivo rigoglio vegetativo, favorevole allo sviluppo delle infestazioni.
In condizioni normali le infestazioni sono limitate da numerosi nemici naturali (coccinellidi, crisopidi, sirfidi) e parassitoidi (braconidi e afelinidi). In assenza di nemici naturali ed in presenza di forti infestazioni ricorrere ad aficidi specifici.
Per un ottimo controllo delle infestazioni degli afidi è opportuno monitorare la loro presenza in campo ed adottare una strategia di difesa di tipo preventivo, integrando agrofarmaci anche alle sostanze di base, nell’ottica di riduzione dell’input chimico.
Ragnetto rosso dei fruttiferi
Panonychus ulmi, noto anche come ragnetto rosso dei fruttiferi e della vite, è acaro tetranichide diffuso sulle arboree, dove le sue popolazioni tendono a svilupparsi a carico delle foglie, su entrambe le pagine, e germogli. In quanto specie polifaga è possibile riscontrarla su vite, melo, pero, drupacee, frutta a guscio e piante ornamentali.
Individuare tempestivamente la loro presenza in campo è essenziale per un controllo efficace. I maschi si differenziano per le dimensioni più contenute, mentre gli stadi giovanili sono di colore giallo-aranciato. Le uova possono essere di colore rosso vivo se sono quelle invernali (uova durevoli con funzione svernante) oppure giallo-aranciato, come gli stadi giovanili, se sono uova primaverili-estive. Le femmine presentano sul dorso dei peli biancastri nel punto di inserzione delle setole dorsali, elemento che permette di distinguere questa specie da altri acari, come il Tetranychus urticae. In base alle condizioni climatiche questo acaro è in grado di compiere da 8-9 generazioni
Gli organi colpiti dall’attività trofica dell’acaro, tendono a decolorarsi, assumendo tonalità bronze,e che virano invece al grigio chiaro nel caso delle drupacee. In corrispondenza delle foglie è possibile osservare la comparsa di necrosi e decolorazioni puntiformi, ricoperte di fili sericei biancastri. Le foglie colpite tendono a disseccare e cadere. I danni a carico della produzione sono dovuti principalmente alla caduta anticipata delle foglie.
È importante notare che alberi sani e ben curati tollerano popolazioni di acari più elevate rispetto ad alberi deboli o stressati. Gli insetti predatori naturalmente presenti possono spesso gestire infestazioni minori di parassiti sugli alberi da frutto, evitando di dover trattare l'albero. Per controllare gli acari oggi è possibile utilizzare prodotti per la bioprotezione di origine naturale, come l’estratto di otica, che sono in grado anche di amplificare e migliorare le performance dei prodotti fitosanitari utilizzati, agendo direttamente sul target e indirettamente stimolando le difese naturali della pianta.
Intervenire con agrofarmaci specifici in grado di forte infestazioni seguendo sempre le indicazioni riportate in etichetta relativamente, modalità di preparazione della miscela, dose, momento e modalità di impiego e tempo di carenza.
Halyomorpha halys
La cimice marmorizzata (BMSB), conosciuta anche come cimice asitatica, Halyomorpha halys, è un insetto alieno. È originaria dell'Asia orientale, ma ha esteso il suo areale globale in Europa e in altri luoghi del mondo, diventando una specie invasiva con un impatto globale. La lista delle sue piante ospiti conta oltre 200 specie diffuse nel mondo intero, tra i quali molti fruttiferi come melo, pero, ciliegio, susino, albicocco e pesco, nonché piccoli frutti, il nocciolo e la vite. Il che rende la gestione di questo parassita particolarmente impegnativa. Nel Nord Italia è ormai considerato uno dei principali parassiti delle piante da frutto.
La cimice marmorizzata attacca le piante ospiti preferibilmente durante la fioritura e la maturazione dei frutti. Nel corso della stagione, gli adulti inoltre essendo caratterizzati da una spiccata mobilità, si spostano spesso da una pianta all'altra. I frutti danneggiati sono difficili, quando non impossibili, da commercializzare
Le uova della cimice marmorata sono di colore verde chiaro o azzurro. Le uova si trovano di solito sulla parte inferiore delle foglie delle piante ospiti. Quando l'embrione si sviluppa può diventare visibile attraverso l'uovo, con gli occhi che appaiono come due macchie rosse.
Le ninfe del primo stadio hanno il capo e il torace neri e l'addome rosso-arancio. Dopo il passaggio al secondo stadio, le ninfe perdono la maggior parte della loro colorazione rosso-arancio. Le ninfe del secondo stadio appaiono scure, con proiezioni spinose lungo il bordo laterale del torace. Le gemme alari iniziano a svilupparsi a ogni muta successiva. Gli stadi successivi presentano una colorazione di base nera o grigia, con spine evidenti lungo i margini omerali e bande bianche sulle zampe e sulle antenne.
Gli adulti della cimice marmorata sono più grandi di quelli della maggior parte delle specie autoctone di cimici. Il colore di base è una miscela di marrone, rosso scuro e nero sulla superficie dorsale, con una superficie ventrale beige o color crema punteggiata da segni verde metallico sul torace ventrale. Le caratteristiche principali per l'identificazione dell'adulto sono le bande bianche sulle antenne e sulle zampe, l'assenza di spine omerali e l'alternanza di bande scure e chiare sul margine dell'addome.
L’imprevedibilità degli spostamenti della cimice asiatica rende molto complicati gli interventi di difesa. È una specie dannosa praticamente in ogni suo stadio, sia nelle forme giovanili, che come adulto. Le femmine inoltre sono particolarmente longeve e prolifiche.
Il contenimento della cimice marmorata si basa principalmente sul monitoraggio: tramite la valutazione della densità della popolazione delle infestanti presenti in campo, consente di adottare interventi tempestivi, efficaci e mirati a contenere l’infestazione
Il controllo biologico oggi è basato sui lanci della vespa samurai (Trissolcus japonicus), in grado di parassitizzare le uova della cimice, senza evidenziare effetti negativi sulle specie no target
Trai mezzi di difesa passivi, si riscontra l’impiego di reti multifunzionali. Tra queste c'è l'uso di spray di confine, che sfruttano le maggiori densità di parassiti osservate sulle file di confine delle colture, soprattutto quando i confini sono adiacenti ad aree boschive.
Un controllo equivalente può essere ottenuto dirigendo le irrorazioni di pesticidi nelle aree in cui le popolazioni di parassiti sono più elevate e riducendo il numero di pesticidi utilizzati nelle aree in cui la densità di parassiti è minore. Il monitoraggio dei parassiti con i feromoni ha permesso di progettare esche che attirano la cimice marmorata in prossimità della posizione dell'esca. In combinazione con le trappole, le esche possono consentire ai coltivatori di determinare quando le popolazioni di cimici raggiungono livelli tali da giustificare l'applicazione di pesticidi.
Infestanti
La gestione del tappeto erboso in frutticultura è una pratica imprescindibile per garantire la salute e la produttività del frutteto stesso. Sono diverse le pratiche colturali che si stanno affermando in frutticoltura, in grado di rispondere alle esigenze di ottimizzazione dei costi e delle rese. Ogni pratica viene adottata in funzione del contesto pedo-climatico in cui si opera e tendenzialmente prevede spesso l’integrazione di diverse tecniche per raggiungere il risultato desiderato, come per esempio le lavorazioni meccaniche, il diserbo e l’inerbimento.
Per il controllo delle infestanti occorre orientare gli interventi conoscendo apriori la composizione floristica zonale ed una attenta valutazione della flora infestante effettivamente presente. La pratica del diserbo deve essere comunque inserita all’interno di una strategia di gestione di tipo integrato.
I nuovi orientamenti, infatti, prevedono generalmente degli interventi di diserbo localizzati sulla fila, combinata ad una gestione meccanica delle infestanti negli spazi degli interfilari oppure l’inerbimento.
Il diserbo sulla fila è una soluzione adottabile nella maggior parte dei frutteti risultando più pratica ed efficace. La flora infestante sebbene possa essere in qualche modo tollerata sulle file nel periodo autunno-vernino, può risultare dannosa tra la primavera e l’estate, creando intralcio alle operazioni colturali. Gli erbicidi oggi in commercio sono in grado di soddisfare le esigenze dei frutticoltori, a patto che vengano sempre utilizzati in modo corretto secondo le indicazioni riportate nell’etichetta ministeriale. L’efficacia nel tempo di un erbicida può essere compromessa da un non corretto uso, per tanto è sempre opportuno adottare delle strategie per mitigare il rischio di insorgenza delle resistenze:
- Valutare la flora infestante effettivamente presente
- Alternare le sostanze attive
- Usare miscele contenenti agrofarmaci con diverso meccanismo di azione
- Adottare prodotti in strategie preventive
- Seguire le indicazioni riportate in etichetta
- Integrare diverse pratiche agronomiche
- Eseguire correttamente i trattamenti
Ticchiolatura del melo
La ticchiolatura del melo rappresenta una delle principali avversità del melo, che compie il suo ciclo alternando una forma sessuata (Venturia inaequalis) ed una asessuata (Spilocea pomi= Fusicladium dendriticum ). La prima si differenzia all'interno dei tessuti dell'ospite quando le condizioni ambientali diventano sfavorevoli e consente al patogeno di sopravvivere durante i mesi invernali. La fase asessuata compare in primavera e ad essa è legata la diffusione nell'ambiente del fungo.
I sintomi possono manifestarsi su tutti gli organi della pianta: foglie, frutti, fiori e rametti. Sulle foglie le prime infezioni sono visibili sulla pagina superiore in forma di macchie decolorare. Con il passare del tempo le lesioni diventano scure dai contorni definiti ed interessano anche la pagina inferiore. Generalmente le foglie infette sono destinate a cadere, lasciando spoglio l’albero.
Sui frutti, i sintomi possono comparire in qualunque stadio di sviluppo, inizialmente sotto forma di macchie puntiformi brune che tendono ad accrescersi mantenendo una forma tondeggiante dall’aspetto vellutato in superficie. Attacchi precoci provocano malformazioni, atrofia dei tessuti colpiti e vistose deturpazioni dell'epidermide con macchie dall'aspetto rugginoso e spaccature superficiali. In questi casi si ha generalmente una cascola precoce, mentre infezioni tardive possono essere anche difficilmente rilevabili al momento della raccolta, salvo poi manifestarsi durante la conservazione con lesioni che deprezzano sensibilmente il prodotto.
L'attacco sui fiori e sui rametti è in genere meno frequente: si manifesta sotto forma di lesioni brunastre a carico di petali, calice, peduncolo fiorale e, nel caso dei rami, dei tessuti ancora allo stato erbaceo.
La malattia generalmente è favorita dalla localizzazione del meleto in zone umide, eccessiva vigoria e presenza di impianti fitti.
La difesa generalmente è basata sul controllo delle infezioni primarie, causate generalmente alle spore prodotte del fungo, presente sulle foglie colpite nell’anno precedente, che tendono a liberarsi in concomitanza di piogge o forti bagnature. L’attento monitoraggio delle condizioni metereologiche risulta un’ottima strategia di difesa preventiva. Altro aspetto fondamentale da considerare è la crescita vegetativa, in quanto le foglie giovani, appena distesa, sono più sensibili all’attacco del fungo.
Generalmente in caso di difesa basata su agrofarmaci, è orientata per l’applicazione di prodotti preventivi o di copertura, in previsione di piogge tenendo conto dello sviluppo vegetativo e quindi assicurando una adeguata copertura della vegetazione nuova o quando si ritiene che il prodotto sia stato dilavato. Bisogna sempre tener presente che i prodotti adottati devono essere impiegati in un’ottica di strategia anti-resistenza e del contenuto di residui, tenuto conto della destinazione del prodotto finale in base alle richieste del mercato.
I trattamenti prendono avvio alla ripresa vegetativa del melo nella fase fenologica di "punte verdi" e, se nel frutteto non vengono rilevati sintomi della malattia, si interrompono dopo la fase di "frutto noce", quando i frutti non sono più suscettibili alle infezioni primarie.
Le strategie di difesa guidata individuano nella fase iniziale di infezione ascosporica la chiave per una razionalizzazione degli interventi chimici. Oggi sono disponibili modelli previsionali in grado di simulare la maturazione degli pseudoteci e la dinamica di emissione delle ascospore e di stimare il livello di rischio nel periodo di infezione primaria.
Oggi in commercio, sono disponibili le sostanze di base, prodotti di origine naturale nate in un ottica di economia circolare, che rispondono ai nuovi requisiti della grande distribuzione in un ottica di prodotto a basso tenore di residui. Questi prodotti, già autorizzati a livello europeo per uso alimentare, sono stati registrati anche in virtù della loro attività fitoiatrica che si sposa in un ottica di strategia di difesa integrata o biologica (estratto ortica).
Psylla
La Cacopsylla pyri è un fitofago appartenente all’Ordine dei Rincoti. Vive esclusivamente sul pero e i suoi stadi giovanili si sviluppano a spese di foglie, germogli, fiori e frutticini appena allegati e già sviluppati. Oltre ad essere vettore della fitoplasmosi “Pear Decline” (Deperimento del pero), può arrecare danni indiretti alla frutta a causa della produzione di melata. Infatti la melata provoca ustioni fogliari, imbratta la vegetazione e i frutti consentendo lo sviluppo della fumaggine che oltre ostacolare il regolare svolgimento dell’attività fisiologica della pianta deturpa la produzione causandone un forte scadimento commerciale e può ostacolare l’azione di insetticidi.
Gli adulti presentano le ali, per lo più trasparenti, a tetto sul corpo di colore marrone scuro o marrone rossiccio. Una macchia scura sul bordo centrale superiore di entrambe le ali aiuta a distinguere la psilla del pero da altre specie di psillidi. Le piccole uova allungate e giallastre sono appena visibili a occhio nudo. Le ninfe sono appiattite. I primi due stadi sono traslucidi o gialli, con occhi rossi e antenne nere. Il terzo stadio è verde-giallastro e il quarto è marrone-verdastro. Il quinto stadio è nero o scuro con cuscinetti alari prominenti. La pelle delle ninfe è generalmente brunastra o verde. Il primo passo per controllare questo parassita è quello di riuscire a identificarlo.
L’attività trofica della Psilla provoca ad un arresto nello sviluppo e deformazione degli organi colpiti. Forti infestazioni possono causare la caduta prematura di foglie, fiori e frutti, compromettendo il raccolto sia in termini quantitativi che qualitativi.
La difesa contro la psilla punta al controllo della seconda generazione, che è quella più temuta, mentre le successive sono meno aggressive, anche se non si possono escludere pullulazioni tardive. Generalmente la Psilla viene. In generale il controllo naturale in campo è assicurato da una serie di insetti utili in grado di mantenere il livello della popolazione al di sotto delle soglie di intervento. Anthocoris nemoralis, è un insetto appartenente all’Ordine dei Rincoti, è rappresenta il principale predatore della psilla del pero, oltre che di acari, tripidi, uova e giovani larve di lepidotteri e cicaline. Se in frutteto è presente una popolazione naturale di antocoridi, sufficientemente consistente, è opportuno adottare strategie di difesa finalizzate ad ottenere e mantenere nel tempo un equilibrio dinamico favorevole tra predatori e parassiti, equilibrio però condizionato anche dalla complessità biologica dell’ambiente circostante, dalla disponibilità di habitat secondari e di risorse alimentari, dall’andamento climatico, ecc.
Carpocapsa
La Cydia pomonella, nota come carpocapsa, è un insetto diffuso in gran parte del mondo, e si sviluppa a spese delle piante da frutto, in particolare su melo e pero che rappresentano gli ospiti principali. Può comunque attaccare anche altre specie quali cotogno, sorbo, nespolo, noce, kaki e più raramente albicocco, susino e pesco.
L'insetto presenta due o tre generazioni all'anno, a seconda delle condizioni climatiche della regione. Le larve di C. pomonella entrano attraverso un qualsiasi punto dell’epicarpo e poco dopo la penetrazione, in corrispondenza del foro si forma un grumo di rosura ed escrementi che consente la rapida individuazione dell’attacco.
Se non controllati tempestivamente, i danni causati dal fitofago possono provocare gravi lesioni ai frutti, che una volta danneggiati, finiscono per cadere al suolo, causando perdite che possono oscillare dal 30 all’80% della produzione.
Il ricorso al controllo chimico, oggi è subordinato al monitoraggio della popolazione con feromoni sessuali al fine di determinare il superamento della soglia di intervento, o qualora fosse disponibile le indicazioni dei bollettini provinciali redatti sulla base di elaborazioni di modelli previsionali dedicati.
Coryneum
Il Coryneum è un genere di funghi, uno dei più comuni è la peronospora del Coryneum, causata dal fungo Wilsonomyces carpophilus. Questo particolare fungo è più comune su albicocche, pesche e nettarine. Le infezioni avvengono in concomitanza di prolungati periodi di bagnatura o alta umidità relativa.
Il fungo è in grado di colpire foglie, rami e frutti. Le infezioni fogliari si presentano rosso-violacee che, con il tempo si allargano. Successivamente la parte del lembo colpita tende a distaccarsi lasciando la foglia perforata. Le infezioni più gravi producono numerosi fori e danno alle foglie colpite un aspetto molto lacerato.Anche le infezioni dei germogli appaiono come macchie arrossate. Sui frutti, l’infezione di corineo si manifesta con piccole macchie rosso-violacee che con il tempo progrediscono ricoprendosi di incrostazioni gommose. I frutticini in accrescimento assumono pertanto un aspetto butterato, mentre sui frutti maturi l’infezione si presenta solamente con macchie rossastre circondate da un alone più scuro. In entrambi i casi l’infezione rende i frutti non commercializzabili.
La perpetuazione della malattia nei diversi anni avviene solitamente ad opera del micelio presente in corrispondenza delle lesioni sui rametti dell’anno o tra le perule delle gemme. La presenza di acqua è determinante per la germinazione delle spore, sia per la penetrazione nei tessuti vegetali.
Per tenere sotto controllo questa malattia, è senza dubbio necessario adottare delle buone pratiche agricole: asportare con le operazioni di potatura sul secco e sul verde, rametti infetti o disseccati e razionalizzare le concimazioni azotate. Gli interventi con fungicidi a base di rame o, altri prodotti autorizzati, vanno effettuati alla caduta delle foglie e all’ingrossamento delle gemme. Per un uso corretto dei prodotti è importante seguire le indicazioni dei Disciplinari di Difesa Integrata della propria regione, le indicazioni dei bollettini fitosanitari e le indicazioni di tecnici specializzati.
Oidio
L’oidio è una malattia fungina che attacca generalmente tutti gli organi della pianta. La vegetazione colpita appare ricoperta da una polvere biancastra, che in seguito possono espandersi fino a coprire ampie aree.
Sui frutti i sintomi sono caratterizzati inizialmente da aree biancastre, tondeggianti e leggermente in rilievo rispetto al tessuto circostante sano, che tendono con il tempo a necrotizzare. Con infezioni molto gravi il frutto tende inoltre a spaccarsi in quanto i tessuti suberificati non seguono il processo di crescita dei tessutisani. Normalmente i frutti colpiti tendono a cadere prematuramente oppure, al contrario, rimangono attaccati alla pianta ma deformati dall'azione patogenetica del fungo. In ogni caso tale deformazione rende i frutti sostanzialmente non commerciabili.
Sulle foglie l'infezione oidica si manifesta inizialmente con la comparsa di aree decolorate, irregolari, in corrispondenza delle quali è facile osservare la caratteristica muffetta bianca polverulenta che in poco tempo andrà ad estendersi su buona pare della lamina fogliare. Le foglie infette, specialmente quelle giovani non riescono a giungere a maturità.
La difesa dell’oidio si base principalmente sull’adozione di buone pratiche agricole: adottare varietà meno suscettibili al mal bianco; limitare la concimazione azotata; potature adeguate per mantenere arieggiata la chioma; inerbimento del suolo e sfalci; diradamento per asportare i frutticini colpiti; razionalizzare l’irrigazione.
nelle fasi di fine fioritura, scamicia tura e ingrossamento dei frutticini, tre finestre temporali nelle quali la pianta risulta particolarmente recettiva. Al contrario, in aree con cultivar meno suscettibili e dove la malattia compare saltuariamente e in forma meno aggressiva, ci si può limitare a intervenire in modalità curativa subito dopo la comparsa dei primi sintomi.
Per non incorrere nell'insorgenza di ceppi del fungo resistenti ai fungicidi maggiormente utilizzati è buona norma rispettare i dosaggi indicati in etichetta, alternare i principi attivi con altri a diverso meccanismo d'azione e limitare il numero di applicazioni con una stessa famiglia chimica di fungicidi effettuate nella stessa stagione vegetativa.
E’ sempre opportuno adottare strategie di tipo preventivo e cercare di intervenire in condizioni favorevoli allo sviluppo della malattia.
In presenza di cultivar sensibili è consigliabile eseguire alcuni trattamenti fungicidi preventivi.
Afidi
Le specie frutticole sono sempre interessate dagli attacchi di diverse specie di afidi. La loro presenza in campo determina generalmente a foglie, fiori e frutti arricciati e distorti. Il tutto spesso accompagnato da una copiosa produzione di melata, che può essere causa della comparsa di formiche, che vivono a spese di questa sostanza zuccherina e muffe. Oltre a causare danni diretti, gli afidi possono essere vettori di virus.
Il controllo di questi insetti dannosi, che rappresentano un fattore limitante della produttività agricola, e richiede l’adozione delle buone pratiche agronomiche, come ad esempio limitando le concimazioni azotate che possono provocare un eccessivo rigoglio vegetativo, favorevole allo sviluppo delle infestazioni.
In condizioni normali le infestazioni sono limitate da numerosi nemici naturali (coccinellidi, crisopidi, sirfidi) e parassitoidi (braconidi e afelinidi). In assenza di nemici naturali ed in presenza di forti infestazioni ricorrere ad aficidi specifici.
Per un ottimo controllo delle infestazioni degli afidi è opportuno monitorare la loro presenza in campo ed adottare una strategia di difesa di tipo preventivo, integrando agrofarmaci anche alle sostanze di base, nell’ottica di riduzione dell’input chimico.
Ragnetto rosso dei fruttiferi
Panonychus ulmi, noto anche come ragnetto rosso dei fruttiferi e della vite, è acaro tetranichide diffuso sulle arboree, dove le sue popolazioni tendono a svilupparsi a carico delle foglie, su entrambe le pagine, e germogli. In quanto specie polifaga è possibile riscontrarla su vite, melo, pero, drupacee, frutta a guscio e piante ornamentali.
Individuare tempestivamente la loro presenza in campo è essenziale per un controllo efficace. I maschi si differenziano per le dimensioni più contenute, mentre gli stadi giovanili sono di colore giallo-aranciato. Le uova possono essere di colore rosso vivo se sono quelle invernali (uova durevoli con funzione svernante) oppure giallo-aranciato, come gli stadi giovanili, se sono uova primaverili-estive. Le femmine presentano sul dorso dei peli biancastri nel punto di inserzione delle setole dorsali, elemento che permette di distinguere questa specie da altri acari, come il Tetranychus urticae. In base alle condizioni climatiche questo acaro è in grado di compiere da 8-9 generazioni
Gli organi colpiti dall’attività trofica dell’acaro, tendono a decolorarsi, assumendo tonalità bronze,e che virano invece al grigio chiaro nel caso delle drupacee. In corrispondenza delle foglie è possibile osservare la comparsa di necrosi e decolorazioni puntiformi, ricoperte di fili sericei biancastri. Le foglie colpite tendono a disseccare e cadere. I danni a carico della produzione sono dovuti principalmente alla caduta anticipata delle foglie.
È importante notare che alberi sani e ben curati tollerano popolazioni di acari più elevate rispetto ad alberi deboli o stressati. Gli insetti predatori naturalmente presenti possono spesso gestire infestazioni minori di parassiti sugli alberi da frutto, evitando di dover trattare l'albero. Per controllare gli acari oggi è possibile utilizzare prodotti per la bioprotezione di origine naturale, come l’estratto di otica, che sono in grado anche di amplificare e migliorare le performance dei prodotti fitosanitari utilizzati, agendo direttamente sul target e indirettamente stimolando le difese naturali della pianta.
Intervenire con agrofarmaci specifici in grado di forte infestazioni seguendo sempre le indicazioni riportate in etichetta relativamente, modalità di preparazione della miscela, dose, momento e modalità di impiego e tempo di carenza.
Halyomorpha halys
La cimice marmorizzata (BMSB), conosciuta anche come cimice asitatica, Halyomorpha halys, è un insetto alieno. È originaria dell'Asia orientale, ma ha esteso il suo areale globale in Europa e in altri luoghi del mondo, diventando una specie invasiva con un impatto globale. La lista delle sue piante ospiti conta oltre 200 specie diffuse nel mondo intero, tra i quali molti fruttiferi come melo, pero, ciliegio, susino, albicocco e pesco, nonché piccoli frutti, il nocciolo e la vite. Il che rende la gestione di questo parassita particolarmente impegnativa. Nel Nord Italia è ormai considerato uno dei principali parassiti delle piante da frutto.
La cimice marmorizzata attacca le piante ospiti preferibilmente durante la fioritura e la maturazione dei frutti. Nel corso della stagione, gli adulti inoltre essendo caratterizzati da una spiccata mobilità, si spostano spesso da una pianta all'altra. I frutti danneggiati sono difficili, quando non impossibili, da commercializzare
Le uova della cimice marmorata sono di colore verde chiaro o azzurro. Le uova si trovano di solito sulla parte inferiore delle foglie delle piante ospiti. Quando l'embrione si sviluppa può diventare visibile attraverso l'uovo, con gli occhi che appaiono come due macchie rosse.
Le ninfe del primo stadio hanno il capo e il torace neri e l'addome rosso-arancio. Dopo il passaggio al secondo stadio, le ninfe perdono la maggior parte della loro colorazione rosso-arancio. Le ninfe del secondo stadio appaiono scure, con proiezioni spinose lungo il bordo laterale del torace. Le gemme alari iniziano a svilupparsi a ogni muta successiva. Gli stadi successivi presentano una colorazione di base nera o grigia, con spine evidenti lungo i margini omerali e bande bianche sulle zampe e sulle antenne.
Gli adulti della cimice marmorata sono più grandi di quelli della maggior parte delle specie autoctone di cimici. Il colore di base è una miscela di marrone, rosso scuro e nero sulla superficie dorsale, con una superficie ventrale beige o color crema punteggiata da segni verde metallico sul torace ventrale. Le caratteristiche principali per l'identificazione dell'adulto sono le bande bianche sulle antenne e sulle zampe, l'assenza di spine omerali e l'alternanza di bande scure e chiare sul margine dell'addome.
L’imprevedibilità degli spostamenti della cimice asiatica rende molto complicati gli interventi di difesa. È una specie dannosa praticamente in ogni suo stadio, sia nelle forme giovanili, che come adulto. Le femmine inoltre sono particolarmente longeve e prolifiche.
Il contenimento della cimice marmorata si basa principalmente sul monitoraggio: tramite la valutazione della densità della popolazione delle infestanti presenti in campo, consente di adottare interventi tempestivi, efficaci e mirati a contenere l’infestazione
Il controllo biologico oggi è basato sui lanci della vespa samurai (Trissolcus japonicus), in grado di parassitizzare le uova della cimice, senza evidenziare effetti negativi sulle specie no target
Trai mezzi di difesa passivi, si riscontra l’impiego di reti multifunzionali. Tra queste c'è l'uso di spray di confine, che sfruttano le maggiori densità di parassiti osservate sulle file di confine delle colture, soprattutto quando i confini sono adiacenti ad aree boschive.
Un controllo equivalente può essere ottenuto dirigendo le irrorazioni di pesticidi nelle aree in cui le popolazioni di parassiti sono più elevate e riducendo il numero di pesticidi utilizzati nelle aree in cui la densità di parassiti è minore. Il monitoraggio dei parassiti con i feromoni ha permesso di progettare esche che attirano la cimice marmorata in prossimità della posizione dell'esca. In combinazione con le trappole, le esche possono consentire ai coltivatori di determinare quando le popolazioni di cimici raggiungono livelli tali da giustificare l'applicazione di pesticidi.