Vigneto

Il valore della produzione viticola

L'Italia è il primo Paese per volume di produzione ed esportazione di vino, seguita da Francia e Spagna. Il vino è prodotto in quasi la totalità della penisola, con una superficie coltivata a vigneto di 702.000 ettari. La variabilità pedoclimatica del Paese offre una varietà di altitudini e di condizioni climatiche e pedologiche per la coltivazione della vite. Il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (MIPAAF) ha documentato oltre 350 vitigni e ha concesso loro lo status di "autorizzati". Sono in circolazione anche più di 500 altre varietà documentate. Nel 2018 sono stati raccolti 7,67 milioni di tonnellate di uva e sono stati prodotti 5,66 miliardi di litri di vino. In questo anno il 37% del vino è stato esportato. Nel 2021, la superficie coltivata per la raccolta di uva da vino è stata di 651,28 mila ettari e le tre regioni con la maggiore produzione sono state la Puglia (1,403 milioni di tonnellate), il Veneto (1,402 milioni di tonnellate) e l'Emilia-Romagna (821,269 mila tonnellate).

L'Italia è la terza economia della zona euro e il settore agricolo vi contribuisce, essendo un settore economico chiave e rappresentando circa il 2% del PIL del Paese nel 2020. Grazie alla sua rilevanza e al tasso di crescita delle esportazioni, nel 2021 l'industria vinicola italiana è stata considerata la numero uno dell'industria agroalimentare del Paese. Anche se gran parte del territorio montuoso non è adatto all'agricoltura, nel 2019, circa il 4% della popolazione totale attiva (60,3 milioni) era impiegata in agricoltura e di questi, quasi il 30% sono migranti e rifugiati. Per l'anno in corso ci sono buone aspettative per quanto riguarda l'agricoltura, poiché si prevede che questo settore contribuirà al PIL del Paese in misura maggiore rispetto all'anno precedente. Si prevede inoltre che l'esportazione di vino crescerà quest'anno. Tuttavia, le condizioni climatiche calde e secche di quest'estate potrebbero far calare i raccolti di circa il 30%. Poiché gli effetti del tempo sono più severi nel Nord Italia, si prevede che questa regione subirà un impatto maggiore rispetto al Sud Italia.

Parassiti e malattie nel vigneto

Oidio

L'oidio, conosciuto anche con il nome di mal bianco, rappresenta, insieme alla peronospora, una delle malattie fungine chiave della vite. L’agente patogeno, Erysiphe necator, è un fungo ascomicete e parassita obbligato che trova condizioni favorevoli al suo sviluppo nella maggior parte delle regioni italiane, soprattutto in aree umide o in vigneti che manifestano suscettibilità a questa malattia.

Il fungo può superare l’inverno come micelio, in forma quiescente, grazie a strutture specializzate chiamate clestoteci, che si originano sulla vegetazione infetta a fine estate-autunno, che sopravvivono fino alla primavera successiva, fino a quando cominciano gradualmente a rilasciare le spore, che daranno avvio ad una nuova epidemia (epi-season)

Il patogeno attacca tutti gli organi erbacei della pianta (grappoli, foglie, tralci e germogli) determinando danni che in presenza di condizioni favorevoli allo sviluppo l’infezione può assumere carattere epidemico. Il principale sintomo della malattia è costituito dalla formazione della tipica muffa biancastra polverulenta che ricopre tutti i tessuti infetti.

I sintomi sul grappolo possono apparire da dopo l’allegagione fino ad invaiatura avvenuta. Sulla superficie dell’acino si nota una patina biancastra polverulenta (micelio epifita) al di sotto del quale cominciano a comparire delle vistose reticolature nerastre, corrispondenti alle cellule necrotizzate dal fungo. L’area necrotizzata impedisce il corretto sviluppo dell’acino, che in fase di accrescimento può spaccarsi creando delle vie per lo sviluppo di altri patogeni (es. botrite).

La difesa del vigneto da questo patogeno presuppone un attento monitoraggio dello stato fitosanitario del vigneto.

Il controllo dell’oidio basato su agrofarmaci di sintesi, prevedono l’impiego sia di prodotti di copertura che hanno un’azione prevalentemente preventiva e i prodotti endoterapici che hanno invece attività curativa ed eradicante, in grado di bloccare l’infezione in atto.

Anche per il controllo dell’oidio si riscontra l’introduzione di nuovi prodotti a basso impatto ambientale e residuale, come il bicarbonato di sodio. Una volta distribuito sulla pianta, questa sostanza non penetra nei tessuti vegetali, crea un ambiente sfavorevole allo sviluppo del fungo e non lascia residui. Per un approccio più sostenibile e naturale del controllo dell’oidio, il bicarbonato di sodio può essere impiegato in miscela con gli agrofarmaci autorizzati per il controllo dell’oidio della vite, inserendosi in una strategia anti-resistenza.

Botrite

Botrytis cinerea è un fungo polifago in grado di provocare una significativa perdita di resa e qualità in vigneto. L’attività patogenetica del patogeno è dovuta alla sua capacità di sintetizzare enzimi litici responsabili della degradazione della pectina. La botrite è in grado di infettare tutti gli organi della pianta, in particolare sul grappolo, nel periodo che va dall’invaiatura alla vendemmia: gli acini cominciano a virare colore, perdono la consistenza e si ricoprono di una muffa grigia.

Talvolta in presenza di particolari condizioni metereologiche, la colonizzazione dell’acino da parte del fungo precede con lentezza ed è associata ad una consistente perdita di acqua da parte della bacca con conseguente aumento del tenore zuccherino e accumulo di alcuni metaboliti fungini, sfociando nel cosiddetto marciume nobile.

Il calendario fenologico tradizionalmente individua almeno 4 stadi vegetativi della vite a rischio infettivo: fine fioritura; pre-chiusura grappolo; invaiatura; circa tre settimane prima della raccolta.

In genere la strategia prevalente oggi è quella che prevede due trattamenti anti-botritici posizionati nelle migliori condizioni perché possano svolgere la loro attività, tenendo in considerazione il rispetto del periodo di carenza specifico di ogni formulato. Nei vigneti ad alto rischio e in condizioni climatiche favorevoli al patogeno, è consigliabile intervenire in pre-chiusura grappolo e in una fase intermedia fra l’invaiatura e le 2-3 settimane prima della vendemmia. In condizioni di basso rischio indipendentemente dalla varietà e dalla pressione della malattia, il trattamento fondamentale viene eseguito in pre-chiusura grappolo (prima che l’interno del grappolo non possa venire più raggiunto dal principio attivo).
Successivamente è consigliabile effettuare il secondo intervento nelle altre fasi in funzione dell’andamento climatico. Nelle annate a scarsa piovosità nel periodo prima della raccolta, questo trattamento spesso risulta fondamentale. Il trattamento a fine fioritura è da prendere in considerazione solo se ci si trova in condizioni di elevata pressione della malattia, su vitigni particolarmente suscettibili e con decorsi climatici molto favorevoli al patogeno.

Il ricorso ad un antibotritico deve essere sempre improntato da un lato alla considerazione del reale rischio che la botrite infetti il grappolo, e dall’altro da un’alternanza dei meccanismi d’azione allo scopo di diminuire la pressione di selezione sulla popolazione del patogeno con il conseguente affermarsi di individui resistenti. I trattamenti fitosanitari da soli però non sono sufficienti se non adottando corrette pratiche agronomiche volta a rafforzare le difese della pianta e a contrastare lo sviluppo del fungo: inerbimento del terreno; concimazioni azotate ed irrigazioni limitate; potatura verde all’invaiatura, sfogliatura in prossimità della vendemmia.

Peronospora della vite

La peronospora della vite è una grave malattia fungina, causata da Plasmopara viticola, che devasta i vigneti di tutto il mondo, soprattutto quando il clima è umido, piovoso e mite.

Sulle foglie in accrescimento, i primi sintomi compaiono in corrispondenza della pagina superiore delle foglie, come macchie decolorate più o meno estese dai contorni relativamente regolari. Si localizzano in prossimità dei margini e risultano clorotiche giallastre e tipicamente translucide (macchie d’olio) nel caso dei vitigni a bacca bianca, e rossastre in alcuni vitigni a bacca nera. In condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo del fungo (elevata umidità) sulla pagina inferiore in corrispondenza delle macchie d’olio si osserva la comparsa di efflorescenza biancastra e necrosi che possono talvolta portare all’anticipata filloptosi. L’attacco sui germogli provoca una ipertrofia dei tessuti con il conseguente accrescimento irregolare.

Sui grappoli, l’attività del fungo prima dell’allegagione comporta la deformazione degli acini, con successivo sviluppo delle fruttificazioni in condizioni favorevoli. Dopo l’allegagione i sintomi a carico dei grappoli possono essere di due tipologie a seconda dello stadio di sviluppo.

Il marciume grigio è tipico dei giovani grappoli con raspo e racimoli ancora in gran parte erbacei e acini piccoli. L’infezione di tali organi si manifesta con una colorazione plumbea, successivamente vengono ricoperti dalle fruttificazioni del fungo emesse attraverso gli stomi degli acini con formazione nell’insieme di una colorazione grigia.

Sui grappoli più vecchi, l’infezione degli acini determina, per lo più senza evidenziare fruttificazioni fungine (da qui il nome di peronospora larvata), una colorazione brunastra, perdita di turgore e avvizzimento. L’assenza di fruttificazioni del fungo si spiega in quanto “l’evasione del fungo” dagli acini esclusivamente attraverso gli stomi o altre fessurazioni.

Il marciume grigio si verifica abitualmente in primavera, viceversa la peronospora larvata è particolarmente frequente nelle estati fresche e piovose che consentono attacchi tardivi.

I danni legati alla presenza ed alle infezioni di Peronospora sono legati ai seguenti fattori:

riduzione della produzione dell’annata

riduzione delle riserve nutritive della pianta

perdita di vigore e riduzioni di produzioni anche ingenti nelle annate successive.

L’attenta valutazione delle condizioni pedoclimatiche e delle pratiche agronomiche possono essere determinanti nello sviluppo della peronospora in vigneto.

Lo sviluppo delle infezioni di P. viticola è strettamente legato alle condizioni meteorologiche. Il costante rilevamento dei dati climatici (temperatura dell’aria, intensità e durata delle piogge, durata della bagnatura fogliare e umidità relativa) e la successiva elaborazione dei dati mediante modelli più o meno complessi (es. EPI che permette di prevedere l’intensità del rischio di infezioni sulla base di confronti di serie storiche di osservazioni meteorologiche con quelle dell’anno in corso). Fare sempre riferimento alle indicazioni riportate dai bollettini fitosanitari emessi dai Servizi di Assistenza operanti a livello territoriale.

Per una razionale attuazione della difesa antiperonosporica riveste particolare importanza la scelta dei prodotti utilizzabili in base alla fase fenologica ed all’andamento meteorologico. È consigliabile quella linea di difesa antiperonosporica che privilegia i tradizionali prodotti di copertura o loro miscele con citotropico a protezione della vegetazione di maggio, prevede quindi il ricorso agli endoterapici sistemici in prefioritura e postfioritura e si conclude con applicazioni di formulati rameici, eventualmente in miscela con citotropico, a partire dalla fase di post allegagione.

Prodotti antiperonosporici

Il numero di formulati antiperonosporici in commercio è molto ampio e varie sono le modalità di azione nei confronti del micete, sulla base di queste si possono suddividere in:

prodotti preventivi o di contatto, che rimanendo sulla superficie esterna degli organi vegetativi impediscono l’incontro delle spore e dei conidi del patogeno con l’ospite; questi anticrittogamici devono essere impiegati tempestivamente, coprendo tutti gli organi suscettibili di attacco, prima della avvenuta infezione; possono essere dilavati da complessivi 25-30 mm di pioggia caduti in una o più piogge consecutive;

prodotti curativi che presentano la capacità di bloccare lo sviluppo del fungo durante il periodo di incubazione ed anche dopo l’avvenuta sporulazione, a questa categoria appartengono gli antiperonosporici endoterapici

Negli ultimi tempi stanno prendendo piede soluzioni per il controllo della peronospora sempre più sostenibili, che possono rappresentare alternative interessanti da integrare alle strategie tradizionali per limitare l’impiego dei principi attivi di sintesi e sfavorire l’insorgenza di fenomeni di resistenza. Un esempio sono i botanicals, principi attivi estratti dai vegetali che vengono successivamente formulati in prodotti commerciali, come l’olio essenziale di arancio dolce, ottenito con un particolare processo industriale di spremitura a freddo.

Questo prodotto, ha un meccanismo di azione che lo rende adatto nella lotta contro la peronospora, in particolare dissecca per contatto diretto sporangi e zoospore, ridicendo il potenziale di inoculo nel vigneto e risultando particolarmente interessante per far fronte alla riduzione dei quantitativi di rame ammessi.

Tignoletta della vite

La Lobesia botrana, nota come tignoletta della vite, è un lepidottero tortricide diffuso in tutta Italia, con prevalenza nelle aree meridionali, ma è ormai diffusa in tutta Europa e in altre regioni del mondo, come il Nord e il Sud America, il Giappone e il Medio Oriente. L’aspetto degli adulti è più simile a una farfalla che a una falena, con i suoi colori vivaci e l'abitudine di volare di giorno. I danni provocati dalle larve vanno dalla distruzione dei bottoni fiorali e dei racimoli, allo svuotamento e disseccamento dei grappoli.

I danni ai bottoni fiorali generalmente non sono particolarmente gravi, grazie alla capacità del grappolo di compensarli con una maggiore allegagione; quelli agli acini, invece, oltre a provocare sicure perdite di peso, possono predisporre i grappoli ad attacchi di botrite e di marciume acido.

La lobesia svolge generalmente 3 generazioni l’anno. Maschi e femmine hanno comportamento crepuscolare e si accoppiano dopo lo sfarfallamento. Le femmine fecondate depongono sui bottoni fiorali le uova dall’aspetto lenticolare e visibili a occhio nudo. Dopo 1-2 settimane in prossimità dei pedicelli e del rachide nascono le larve che erodono i fiori avvolgendoli con fili sericei a formare i caratteristici glomeruli.

L’'incrisalidamento avviene all'interno dei glomeruli o in altri ripari. Il secondo e terzo volo di adulti avviene rispettivamente da fine giugno a metà luglio e tra agosto e metà settembre. Le larve nate da queste ultime generazioni erodono gli acini in superficie o vi praticano profondi fori di penetrazione. Le larve dell'ultima generazione, giunte a maturità, cercano un riparo e si incrisalidano, avviandosi alla diapausa.

I fori di penetrazione provocati dall’attività trofica delle larve, tra la fase di pre-maturazione e la pre-raccolta, provocano perdita di peso e, predisporre il grappolo ad infezione di botrite e marciume acido.

Il monitoraggio dell’attività degli adulti è fondamentale per garantire il controllo del fitofago e può avvenire tramite l’installazione delle trappole a feromoni e rilievi visivi in prossimità del vigneto. Per le uve da tavola la soglia indicativa di intervento si raggiunge al 3-4% di grappoli colpiti, mentre per le uve da vino al 10-15%. Il monitoraggio dei danni consente di posizionare con maggiore efficacia i prodotti insetticidi, sia biologici (come spinosad e Bacillus thuringiensis) sia chimici individuando le fasi di maggiore suscettibilità (es. fase di “testa nera” delle uova, che è quella precedente la schiusa).

Cicaline e Flavescenza

Tra le cicaline che possono arrecare danni alla vite, Scaphoideus titanus sicuramente è una delle specie più note. Lo scafoideo inoltre è il principale vettore del fitoplasma associato alla flavescenza dorata della vite. L’insetto presenta una sola generazione all’anno e sverna come uovo sotto il ritidoma dei tralci. La schiusura delle uova si protrae scalarmente fino a tutto luglio e le prime neanidi compaiono verso metà maggio, mentre gli adulti compaiono verso la fine di giugno e sono presenti fino a settembre. Per acquisire il fitoplasma l’insetto deve alimentarsi per circa una settimana su una pianta infetta; dopo un periodo di latenza di due-tre settimane il fitoplasma passa dall’intestino all’emolinfa e poi alle ghiandole salivari e dopo un’ulteriore settimana l’insetto vettore è in grado di inocularlo su una vite sana. Pertanto, la cicalina non può trasmettere la malattia prima di 25-30 giorni da quando ha iniziato ad alimentarsi su una pianta infetta.

Nelle manifestazioni precoci le infiorescenze o i grappolini disseccano e cadono, i tralci infetti appaiono di consistenza gommosa, non lignificano e tendono a ripiegarsi verso il basso. In piena estate i grappoli raggrinziscono progressivamente fino a disseccare in modo parziale o totale, le lamine fogliari risultano ispessite, bollose, di consistenza cartacea, con i bordi arrotolati verso il basso ed assumono una colorazione giallo-dorata nei vitigni a uva bianca e rosso vinosa in quelli a uva nera.

A causa dei seri danni alla produttività del vigneto, la flavescenza dorata è oggetto di lotta obbligatoria in Europa e in Italia da un ventennio (DM 31/05/2000), con misure specifiche per il materiale vivaistico e per le aree con focolai, con monitoraggi da parte dei Servizi fitosanitari e l’obbligo di distruzione del materiale infetto. I trattamenti raccomandati per la lotta alla cicalina sono tre e vanno posizionati un mese dopo la comparsa delle prime larve (poiché le cicaline non sono in grado di trasmettere il fitoplasma fino a circa 4 settimane dopo essersi nutrite da piante infette), poi 15 giorni dopo il primo trattamento per coprire tutto il periodo di schiusura e un terzo trattamento un mese dopo il secondo per combattere lo stadio adulto delle cicaline. Fondamentale risulta la fase di monitoraggio di Scafoideus titanus, non tanto per l’attività carpofaga di lieve entità ma per la flavescenza dorata, fitoplasma di cui è vettore e che trasmette alimentandosi prima da piante infette e poi da quelle sane.

Oidio

L'oidio, conosciuto anche con il nome di mal bianco, rappresenta, insieme alla peronospora, una delle malattie fungine chiave della vite. L’agente patogeno, Erysiphe necator, è un fungo ascomicete e parassita obbligato che trova condizioni favorevoli al suo sviluppo nella maggior parte delle regioni italiane, soprattutto in aree umide o in vigneti che manifestano suscettibilità a questa malattia.

Il fungo può superare l’inverno come micelio, in forma quiescente, grazie a strutture specializzate chiamate clestoteci, che si originano sulla vegetazione infetta a fine estate-autunno, che sopravvivono fino alla primavera successiva, fino a quando cominciano gradualmente a rilasciare le spore, che daranno avvio ad una nuova epidemia (epi-season)

Il patogeno attacca tutti gli organi erbacei della pianta (grappoli, foglie, tralci e germogli) determinando danni che in presenza di condizioni favorevoli allo sviluppo l’infezione può assumere carattere epidemico. Il principale sintomo della malattia è costituito dalla formazione della tipica muffa biancastra polverulenta che ricopre tutti i tessuti infetti.

I sintomi sul grappolo possono apparire da dopo l’allegagione fino ad invaiatura avvenuta. Sulla superficie dell’acino si nota una patina biancastra polverulenta (micelio epifita) al di sotto del quale cominciano a comparire delle vistose reticolature nerastre, corrispondenti alle cellule necrotizzate dal fungo. L’area necrotizzata impedisce il corretto sviluppo dell’acino, che in fase di accrescimento può spaccarsi creando delle vie per lo sviluppo di altri patogeni (es. botrite).

La difesa del vigneto da questo patogeno presuppone un attento monitoraggio dello stato fitosanitario del vigneto.

Il controllo dell’oidio basato su agrofarmaci di sintesi, prevedono l’impiego sia di prodotti di copertura che hanno un’azione prevalentemente preventiva e i prodotti endoterapici che hanno invece attività curativa ed eradicante, in grado di bloccare l’infezione in atto.

Anche per il controllo dell’oidio si riscontra l’introduzione di nuovi prodotti a basso impatto ambientale e residuale, come il bicarbonato di sodio. Una volta distribuito sulla pianta, questa sostanza non penetra nei tessuti vegetali, crea un ambiente sfavorevole allo sviluppo del fungo e non lascia residui. Per un approccio più sostenibile e naturale del controllo dell’oidio, il bicarbonato di sodio può essere impiegato in miscela con gli agrofarmaci autorizzati per il controllo dell’oidio della vite, inserendosi in una strategia anti-resistenza.

Botrite

Botrytis cinerea è un fungo polifago in grado di provocare una significativa perdita di resa e qualità in vigneto. L’attività patogenetica del patogeno è dovuta alla sua capacità di sintetizzare enzimi litici responsabili della degradazione della pectina. La botrite è in grado di infettare tutti gli organi della pianta, in particolare sul grappolo, nel periodo che va dall’invaiatura alla vendemmia: gli acini cominciano a virare colore, perdono la consistenza e si ricoprono di una muffa grigia.

Talvolta in presenza di particolari condizioni metereologiche, la colonizzazione dell’acino da parte del fungo precede con lentezza ed è associata ad una consistente perdita di acqua da parte della bacca con conseguente aumento del tenore zuccherino e accumulo di alcuni metaboliti fungini, sfociando nel cosiddetto marciume nobile.

Il calendario fenologico tradizionalmente individua almeno 4 stadi vegetativi della vite a rischio infettivo: fine fioritura; pre-chiusura grappolo; invaiatura; circa tre settimane prima della raccolta.

In genere la strategia prevalente oggi è quella che prevede due trattamenti anti-botritici posizionati nelle migliori condizioni perché possano svolgere la loro attività, tenendo in considerazione il rispetto del periodo di carenza specifico di ogni formulato. Nei vigneti ad alto rischio e in condizioni climatiche favorevoli al patogeno, è consigliabile intervenire in pre-chiusura grappolo e in una fase intermedia fra l’invaiatura e le 2-3 settimane prima della vendemmia. In condizioni di basso rischio indipendentemente dalla varietà e dalla pressione della malattia, il trattamento fondamentale viene eseguito in pre-chiusura grappolo (prima che l’interno del grappolo non possa venire più raggiunto dal principio attivo).
Successivamente è consigliabile effettuare il secondo intervento nelle altre fasi in funzione dell’andamento climatico. Nelle annate a scarsa piovosità nel periodo prima della raccolta, questo trattamento spesso risulta fondamentale. Il trattamento a fine fioritura è da prendere in considerazione solo se ci si trova in condizioni di elevata pressione della malattia, su vitigni particolarmente suscettibili e con decorsi climatici molto favorevoli al patogeno.

Il ricorso ad un antibotritico deve essere sempre improntato da un lato alla considerazione del reale rischio che la botrite infetti il grappolo, e dall’altro da un’alternanza dei meccanismi d’azione allo scopo di diminuire la pressione di selezione sulla popolazione del patogeno con il conseguente affermarsi di individui resistenti. I trattamenti fitosanitari da soli però non sono sufficienti se non adottando corrette pratiche agronomiche volta a rafforzare le difese della pianta e a contrastare lo sviluppo del fungo: inerbimento del terreno; concimazioni azotate ed irrigazioni limitate; potatura verde all’invaiatura, sfogliatura in prossimità della vendemmia.

Peronospora della vite

La peronospora della vite è una grave malattia fungina, causata da Plasmopara viticola, che devasta i vigneti di tutto il mondo, soprattutto quando il clima è umido, piovoso e mite.

Sulle foglie in accrescimento, i primi sintomi compaiono in corrispondenza della pagina superiore delle foglie, come macchie decolorate più o meno estese dai contorni relativamente regolari. Si localizzano in prossimità dei margini e risultano clorotiche giallastre e tipicamente translucide (macchie d’olio) nel caso dei vitigni a bacca bianca, e rossastre in alcuni vitigni a bacca nera. In condizioni ambientali favorevoli allo sviluppo del fungo (elevata umidità) sulla pagina inferiore in corrispondenza delle macchie d’olio si osserva la comparsa di efflorescenza biancastra e necrosi che possono talvolta portare all’anticipata filloptosi. L’attacco sui germogli provoca una ipertrofia dei tessuti con il conseguente accrescimento irregolare.

Sui grappoli, l’attività del fungo prima dell’allegagione comporta la deformazione degli acini, con successivo sviluppo delle fruttificazioni in condizioni favorevoli. Dopo l’allegagione i sintomi a carico dei grappoli possono essere di due tipologie a seconda dello stadio di sviluppo.

Il marciume grigio è tipico dei giovani grappoli con raspo e racimoli ancora in gran parte erbacei e acini piccoli. L’infezione di tali organi si manifesta con una colorazione plumbea, successivamente vengono ricoperti dalle fruttificazioni del fungo emesse attraverso gli stomi degli acini con formazione nell’insieme di una colorazione grigia.

Sui grappoli più vecchi, l’infezione degli acini determina, per lo più senza evidenziare fruttificazioni fungine (da qui il nome di peronospora larvata), una colorazione brunastra, perdita di turgore e avvizzimento. L’assenza di fruttificazioni del fungo si spiega in quanto “l’evasione del fungo” dagli acini esclusivamente attraverso gli stomi o altre fessurazioni.

Il marciume grigio si verifica abitualmente in primavera, viceversa la peronospora larvata è particolarmente frequente nelle estati fresche e piovose che consentono attacchi tardivi.

I danni legati alla presenza ed alle infezioni di Peronospora sono legati ai seguenti fattori:

riduzione della produzione dell’annata

riduzione delle riserve nutritive della pianta

perdita di vigore e riduzioni di produzioni anche ingenti nelle annate successive.

L’attenta valutazione delle condizioni pedoclimatiche e delle pratiche agronomiche possono essere determinanti nello sviluppo della peronospora in vigneto.

Lo sviluppo delle infezioni di P. viticola è strettamente legato alle condizioni meteorologiche. Il costante rilevamento dei dati climatici (temperatura dell’aria, intensità e durata delle piogge, durata della bagnatura fogliare e umidità relativa) e la successiva elaborazione dei dati mediante modelli più o meno complessi (es. EPI che permette di prevedere l’intensità del rischio di infezioni sulla base di confronti di serie storiche di osservazioni meteorologiche con quelle dell’anno in corso). Fare sempre riferimento alle indicazioni riportate dai bollettini fitosanitari emessi dai Servizi di Assistenza operanti a livello territoriale.

Per una razionale attuazione della difesa antiperonosporica riveste particolare importanza la scelta dei prodotti utilizzabili in base alla fase fenologica ed all’andamento meteorologico. È consigliabile quella linea di difesa antiperonosporica che privilegia i tradizionali prodotti di copertura o loro miscele con citotropico a protezione della vegetazione di maggio, prevede quindi il ricorso agli endoterapici sistemici in prefioritura e postfioritura e si conclude con applicazioni di formulati rameici, eventualmente in miscela con citotropico, a partire dalla fase di post allegagione.

Prodotti antiperonosporici

Il numero di formulati antiperonosporici in commercio è molto ampio e varie sono le modalità di azione nei confronti del micete, sulla base di queste si possono suddividere in:

prodotti preventivi o di contatto, che rimanendo sulla superficie esterna degli organi vegetativi impediscono l’incontro delle spore e dei conidi del patogeno con l’ospite; questi anticrittogamici devono essere impiegati tempestivamente, coprendo tutti gli organi suscettibili di attacco, prima della avvenuta infezione; possono essere dilavati da complessivi 25-30 mm di pioggia caduti in una o più piogge consecutive;

prodotti curativi che presentano la capacità di bloccare lo sviluppo del fungo durante il periodo di incubazione ed anche dopo l’avvenuta sporulazione, a questa categoria appartengono gli antiperonosporici endoterapici

Negli ultimi tempi stanno prendendo piede soluzioni per il controllo della peronospora sempre più sostenibili, che possono rappresentare alternative interessanti da integrare alle strategie tradizionali per limitare l’impiego dei principi attivi di sintesi e sfavorire l’insorgenza di fenomeni di resistenza. Un esempio sono i botanicals, principi attivi estratti dai vegetali che vengono successivamente formulati in prodotti commerciali, come l’olio essenziale di arancio dolce, ottenito con un particolare processo industriale di spremitura a freddo.

Questo prodotto, ha un meccanismo di azione che lo rende adatto nella lotta contro la peronospora, in particolare dissecca per contatto diretto sporangi e zoospore, ridicendo il potenziale di inoculo nel vigneto e risultando particolarmente interessante per far fronte alla riduzione dei quantitativi di rame ammessi.

Tignoletta della vite

La Lobesia botrana, nota come tignoletta della vite, è un lepidottero tortricide diffuso in tutta Italia, con prevalenza nelle aree meridionali, ma è ormai diffusa in tutta Europa e in altre regioni del mondo, come il Nord e il Sud America, il Giappone e il Medio Oriente. L’aspetto degli adulti è più simile a una farfalla che a una falena, con i suoi colori vivaci e l'abitudine di volare di giorno. I danni provocati dalle larve vanno dalla distruzione dei bottoni fiorali e dei racimoli, allo svuotamento e disseccamento dei grappoli.

I danni ai bottoni fiorali generalmente non sono particolarmente gravi, grazie alla capacità del grappolo di compensarli con una maggiore allegagione; quelli agli acini, invece, oltre a provocare sicure perdite di peso, possono predisporre i grappoli ad attacchi di botrite e di marciume acido.

La lobesia svolge generalmente 3 generazioni l’anno. Maschi e femmine hanno comportamento crepuscolare e si accoppiano dopo lo sfarfallamento. Le femmine fecondate depongono sui bottoni fiorali le uova dall’aspetto lenticolare e visibili a occhio nudo. Dopo 1-2 settimane in prossimità dei pedicelli e del rachide nascono le larve che erodono i fiori avvolgendoli con fili sericei a formare i caratteristici glomeruli.

L’'incrisalidamento avviene all'interno dei glomeruli o in altri ripari. Il secondo e terzo volo di adulti avviene rispettivamente da fine giugno a metà luglio e tra agosto e metà settembre. Le larve nate da queste ultime generazioni erodono gli acini in superficie o vi praticano profondi fori di penetrazione. Le larve dell'ultima generazione, giunte a maturità, cercano un riparo e si incrisalidano, avviandosi alla diapausa.

I fori di penetrazione provocati dall’attività trofica delle larve, tra la fase di pre-maturazione e la pre-raccolta, provocano perdita di peso e, predisporre il grappolo ad infezione di botrite e marciume acido.

Il monitoraggio dell’attività degli adulti è fondamentale per garantire il controllo del fitofago e può avvenire tramite l’installazione delle trappole a feromoni e rilievi visivi in prossimità del vigneto. Per le uve da tavola la soglia indicativa di intervento si raggiunge al 3-4% di grappoli colpiti, mentre per le uve da vino al 10-15%. Il monitoraggio dei danni consente di posizionare con maggiore efficacia i prodotti insetticidi, sia biologici (come spinosad e Bacillus thuringiensis) sia chimici individuando le fasi di maggiore suscettibilità (es. fase di “testa nera” delle uova, che è quella precedente la schiusa).

Cicaline e Flavescenza

Tra le cicaline che possono arrecare danni alla vite, Scaphoideus titanus sicuramente è una delle specie più note. Lo scafoideo inoltre è il principale vettore del fitoplasma associato alla flavescenza dorata della vite. L’insetto presenta una sola generazione all’anno e sverna come uovo sotto il ritidoma dei tralci. La schiusura delle uova si protrae scalarmente fino a tutto luglio e le prime neanidi compaiono verso metà maggio, mentre gli adulti compaiono verso la fine di giugno e sono presenti fino a settembre. Per acquisire il fitoplasma l’insetto deve alimentarsi per circa una settimana su una pianta infetta; dopo un periodo di latenza di due-tre settimane il fitoplasma passa dall’intestino all’emolinfa e poi alle ghiandole salivari e dopo un’ulteriore settimana l’insetto vettore è in grado di inocularlo su una vite sana. Pertanto, la cicalina non può trasmettere la malattia prima di 25-30 giorni da quando ha iniziato ad alimentarsi su una pianta infetta.

Nelle manifestazioni precoci le infiorescenze o i grappolini disseccano e cadono, i tralci infetti appaiono di consistenza gommosa, non lignificano e tendono a ripiegarsi verso il basso. In piena estate i grappoli raggrinziscono progressivamente fino a disseccare in modo parziale o totale, le lamine fogliari risultano ispessite, bollose, di consistenza cartacea, con i bordi arrotolati verso il basso ed assumono una colorazione giallo-dorata nei vitigni a uva bianca e rosso vinosa in quelli a uva nera.

A causa dei seri danni alla produttività del vigneto, la flavescenza dorata è oggetto di lotta obbligatoria in Europa e in Italia da un ventennio (DM 31/05/2000), con misure specifiche per il materiale vivaistico e per le aree con focolai, con monitoraggi da parte dei Servizi fitosanitari e l’obbligo di distruzione del materiale infetto. I trattamenti raccomandati per la lotta alla cicalina sono tre e vanno posizionati un mese dopo la comparsa delle prime larve (poiché le cicaline non sono in grado di trasmettere il fitoplasma fino a circa 4 settimane dopo essersi nutrite da piante infette), poi 15 giorni dopo il primo trattamento per coprire tutto il periodo di schiusura e un terzo trattamento un mese dopo il secondo per combattere lo stadio adulto delle cicaline. Fondamentale risulta la fase di monitoraggio di Scafoideus titanus, non tanto per l’attività carpofaga di lieve entità ma per la flavescenza dorata, fitoplasma di cui è vettore e che trasmette alimentandosi prima da piante infette e poi da quelle sane.

Il diserbo nel vigneto

a gestione del suolo nel vigneto, in termini di gestione dell’acqua e del controllo, svolge un ruolo determinante nella ricerca della qualità dell’uva. In particolar modo, le erbe infestanti non solo competono con la vite per acqua, luce e nutrienti, ma con l’avanzare della stagione possono intralciare le diverse operazioni colturali e di raccolta. Le erbe infestanti possono anche fungere da ospiti alternativi per patogeni di malattie, nematodi e insetti; possono anche servire da habitat per parassiti vertebrati.

Oggi è pratica diffusa è attuare le pratiche di inerbimento controllato, temporaneo o permanente, con specie seminate o più frequentemente autoctone. Sulla fila, su una superficie di conseguenza più limitata, si può eseguire il diserbo chimico, dalla fine dell’inverno, prima della ripresa vegetativa.

Pratica comune è il ricorso ad erbicidi ad azione fogliare (disseccanti o devitalizzanti), da soli o in miscela con residuali allo scopo di assicurare una maggiore azione nel tempo e ridurre il numero degli interventi. Garantire un sottofila pulito da infestanti permette di ridurre l’azione di competizione.

Uno dei fattori che deve essere tenuto in considerazione è la scelta del momento di applicazione, che varia in funzione generalmente delle condizioni climatiche, sistema di allevamento adottato, stadio di sviluppo delle infestanti, composizione floristiche.

L’impiego ripetuto e prolungato degli stessi erbicidi può favorire la comparsa di una flora infestante cosiddetta di sostituzione, in particolare di alcune composite. La scelta dell’erbicida, deve essere fatto anche sulla base della composizione floristica e in particolare se negli areali dove si opera ci sono conclamanti casi di popolazioni di malerbe resistenti (Lolium sp. E Conyza sp.) che si stanno progressivamente estendendo in molti areali italiani anche nelle colture arboree.

L’approccio più razionale risulta quindi essere quello integrato, in cui le differenti soluzioni vengono impiegate nei momenti più opportuni e con le modalità più consone all’ottenimento dei migliori risultati, a fronte dei minori impatti sul terreno e sull’ambiente.

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